Luigi Luciani

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Nato in una famiglia di intellettuali (lo zio materno era il patriota Candido Augusto Vecchi), si iscrisse alla Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università di Bologna solo nel 1862, dopo aver partecipato attivamente ai movimenti politici per l’unità d’Italia. Si laureò nel 1868 a Bologna dopo aver frequentato per un biennio l’Università di Napoli, dove si era trasferito per motivi di salute. Dopo la laurea si dedicò a un’attività di ricerca presso il laboratorio di fisiologia diretto da Luigi Vella (18691871).

I suoi primi interessi scientifici, lo studio del ciclo cardiaco[1], lo spinsero a recarsi a Lipsia, dove nel biennio 18721873 fu allievo del grande fisiologo Carl Ludwig. L’esperienza tedesca venne giudicata dallo stesso Luciani il più importante evento professionale della sua vita[2]. A Lipsia, in registrazioni su muscolo cardiaco isolato di rana, mise in evidenza quello che è noto come “Fenomeno di Luciani-Wenckebach“, ovvero il salto di una sistole dopo un certo numero di sistoli ritmiche, in seguito a legature cardiache parziali fra gli atrii e i ventricoli[3]. Il fenomeno, studiato successivamente dall’olandese Wenckelbach[4] e dal tedesco Mobitz[5], è legato al passaggio dei potenziali d’azione dagli atri ai ventricoli; se la loro trasmissione è ostacolata, può accadere che i ventricoli saltino qualche battito proveniente dagli atri: è quanto si verifica in clinica nel blocco A-V incompleto di secondo grado di tipo Mobitz I.

Nel 1873, ottenuta la libera docenza in patologia generale, ebbe l’insegnamento a Parma, dove fu iniziato in Massoneria nella Loggia Alberico Gentili[6].

Tornato a Bologna, nel 1875 divenne professore di patologia medica generale all’Università degli Studi di Parma, e nel 1880 ottenne la cattedra di fisiologia all’Università di Siena, nel 1882 all’Università di Firenze, e infine nel 1893 all’Università “La Sapienza” di Roma, di cui divenne rettore nel 1898, e dove seguì numerosi allievi fra i quali occorre ricordare Giuseppe Amantea.

L’ambito delle sue ricerche fu molto vasto: oltre alla funzione cardiovascolare, il sistema nervoso autonomo, la funzione splenica, la patogenesi della febbre e dell’edema, la nutrizione e il digiuno. Pubblicò una settantina di lavori, fra articoli e libri. Il suo trattato di fisiologia in 5 volumi “Fisiologia dell’uomo” ebbe 5 edizioni in lingua italiana e fu tradotto in tedescoinglese e spagnolo. Il successo di questo Trattato spinse i cattedratici italiani a scrivere manuali e testi universitari, mentre in precedenza si ricorreva a testi stranieri tradotti spesso in modo deplorevole.

Molto importanti furono i suoi studi sul sistema nervoso centrale. In particolare, individuò i tre sintomi principali delle patologie del cervelletto, il cui insieme costituisce la cosiddetta Triade di Lucianiasteniaatonia e astasia[7].